una giornata memorabile

Ci eravamo allontanati emozionati dalla prospettiva Nevsky dopo il passaggio dei motociclisti,la musica, le loro trombe, in mezzo alla strada, in mezzo alla folla colorata di svariate bandiere, di tutte le età e di tutti i gruppi.
Di fronte all'ingresso del giardino Yiecaterinsky sad, (traslitero alla meglio, scusatemi) , girando le spalle passavamo a fianco del magazin Kurstof, famoso negozio di delicatessen alimentari e per l'archittettura liberty, qualcosa da guardare per ore, sorpresi e meravigliati dalla fusione del classico, degli ampi soffitti, un museo con dentro un alimentare ottocentesco ricoperto di bronzo e legno scuro. La mia guida mi portava verso una via laterale costeggiando, altre sculture e fontana,fino a giungere alla via parallela, Italianskaya Ulitza (strada Italiana), dove c'erano le porte di un teatro e vicino, di fronte, un ristorante italiano. Parlava con il padrone, un uomo mezza età, magro, biondiccio, facevamo le scale e ordinavamo un espresso e un cappuccino al tavolo, io parlando italiano e lei russo ed inglese con me. Dalla solita finta tendina venivo osservato, quelle che dividono gli ambienti pubblici dalla cucina. Era una giornata di sole, estate d'agosto al mio secondo e primo, in un certo senso, viaggio a S.Pietroburgo. Nonostante ci conoscessimo da poco tempo, sembrava ci fosse una naturale armonia tra me e la mia guida, lei orgogliosa di presentarmi la sua città e io contento di farmi guidare,
aveva scelto di accontentarmi col vero espresso italiano a S.Pietroburgo, Il proprietario stanco di migliaia di turisti, indifferente a tutto, aveva lasciato il suo avamposto di guardia sulla strada, rientrato dentro aveva sgridato i sottoposti, parte in russo, parte in italiano. Il sole splendeva su di noi, il giardino e degli alberi sulla sinistra, un'atmosfera che non scordo, due o tre parole fra di noi
in tono ordinario a commentare il posto, mi diceva che questo italiano era diventato russo, si era trasformato non solo nel parlare ma anche nella mentalità.
Ad un certo punto, all'improvviso si para di fronte a me un ragazzo sulla trentina, con una borsina di plastica della spesa in una mano, allunga l'altra mano e si presenta, "sono lo chef qui dentro.." gli stringo la mano e sorrido,mi dice che ha capito che ero italiano, visto che ero ben disposto, mi racconta in due minuti la sua vita, Napoli, dove non aveva nulla e qui, lo so, il solito cliché dell'immigrato, poi facendosi serio e alterato m'insegna la sua lezione che poi è una "profezia" e resto a bocca aperta, impreparato, imprevisto, come se avesse letto la mente e il cuore, stordito per diversi minuti, mi saluta e scompare. La guida lo nota e tace, lasciandosi dondolare dalla vista di un caldo sabato, il passeggio di turisti.E' possibile che dopo giorni di viaggio sul mulo 650cc la realtà possa deformarsi ma le coincidenze sono troppe, come quasi tutti gli agosti e tutte certe date,troppe coincidenze.
Mi è successo altre volte in quel luogo di essere scosso, come se la rete che avvolgesse la realtà si rompesse e si vedesse con una lucidità mai vista prima, la propria vita e lo scorrere degli eventi, un nesso invisibile, dove c'è dolore ma gioia, dove c'è bellezza e squallore. Forse per tutta la vita, alcuni hanno dovuto lottare per essere quel che son sempre stati mentre altri dicevano che nulla avevano e nulla sarebbero stati. In quei momenti i tragici fatti personali di uno o due anni prima, quando porre a termine la propria vita era un opzione da non scartare, vederli da quel posto, era una grande risata, la vita non era quel che loro dicevano e non doveva finire così. Sono quei attimi di gioia che rubi al destino, li conservi, ritorni quando fuori è freddo e c'è il nulla che assale. Sono quei ricordi che metti in dubbio, perché la negatività è così continua, permeante, che non può essere vera la gioia. E' liberazione da vincoli, è pace con se stessi, mentre le foglie cadono, mentre una turista ride e abbraccia il suo fidanzato e continuano a camminare come ci fossero solo loro per strada. Il caffè finisce ma è stato lunghissimo in quei pochi sorsi, ci rialziamo, barcollo per le scale, sento freddo,la seguo e non m'importa di sapere dove vuole andare. Poi si ritorna in mezzo alla folla, al vociare, tante lingue diverse, bellissime donne camminano e mi chiedo se sia ad una sfilata o uno scherzo per soggiogare il turista gonzo, non è vero quel che vedo, non è vero. Mi mostra uno strano gabbiotto, in cima ad un palazzo rosso, mi dice "vedi da li Pavel Durov, quello di Vkontact, quello di telegram, il milionario, buttò le banconote verso la strada...poi si dovette scusare." rido ma non capisco veramente quel che dice perché rifletto su tante altre cose, scuoto la testa per dire sì, poi andiamo avanti ed ogni pietra una storia, un significato, troppo in pochi minuti...Musei, case di scrittori,caffé letterari,chiese, ma quanta vita c'è qui ? Che cosa ci hanno raccontato di loro ? Solo menzogne.
Mi dice che è una via lunga cinque chilometri...E' tutto bolshoi - grande, tutto grande qui, nel bene e nel male.


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