Entropia da supermarket/Supermarket entropy

di Pietro da Morrone

Oggi, mentre facevo la spesa al supermercato, ho fissato un bambino che giocava con un cestino della spesa, uno di quelli con le rotelle, una via di mezzo tra un classico carrello con telaio di metallo e un micro-cestino con maniglia. Il supermercato era pieno di gente e quello era l'unico cestino disponibile. Il bambino ci giocava parlando da solo. Per lui si trattava di un cargo che gli serviva per spostare degli astronauti verso una piattaforma di lancio. Poi entra un uomo nervoso — lo chiameremo Cremenzio —, va verso il cestino a capofitto, impreca a bassa voce perché quello è l'unico cestino, e serve a chi compra la roba che sta negli scaffali, non ai bambini. La madre si riprende il pargolo e l'uomo il suo cestino del cazzo.
Esistono quattro punti di vista: quello di Cremenzio, quello del bambino, il mio, e infine quello della madre. Per Cremenzio, il cestino serve solo per essere riempito di materia prima destinata a diventare merda, di prodotti chimici che finiscono giù per il lavandino, e così via; per il bambino, quell'oggetto è un prop, un oggetto di scena che serve a fare teatro, perché i bambini reinventano il teatro tutte le volte che giocano; io, invece, sono un semplice spettatore, non faccio altro che vedere un'opera di fantascienza senza copione; poi c'è il punto di vista della madre, l'impresario teatrale che non vuole rotture di coglioni, e allora termina la rappresentazione. Cremenzio, homo praticus, se fosse meno praticus e potesse uscire dal suo miserabile punto di vista, capirebbe che era meglio lasciarglielo, il cestino, fare penitenza limitando l'aumento di merda/entropia nel mondo (almeno per una sera) e godendosi uno spettacolo.


Supermarket entropy

Today, while shopping at the grocery store, I stared at a child playing with a shopping basket, one of those with wheels, something between a classic metal-framed cart and a small basket with a handle. The supermarket was crowded, and that was the only basket available. The child played with it, talking to himself. For him, it was a cargo that he needed to move astronauts to a launch platform. Then a nervous man—we'll call him Cremenzio—came in. He rushed towards the basket, cursing in a low voice because that's the only basket meant for people buying stuff from the shelves, not for kids. The mother takes back her child, and the man takes back his fucking basket.

There are four points of view: Cremenzio's, the child's, mine, and finally the mother's. For Cremenzio, the basket is meant to be filled with raw material destined to become crap, with chemicals that end up down the sink, and so on; for the child, that object is a prop, used for theater, because children reinvent theater every time they play; for me, on the other hand, I'm a mere spectator; all I do is watch a science fiction play without a script; then there's the mother's point of view, the theatre impresario, who doesn't want any pain in the ass, so she ends the performance. Cremencius, homo praticus; if he were less praticus and could get out of his miserable point of view, he would realize that it was better to leave it in the basket, do penitence by limiting the increase of shit/entropy in the world (at least for one evening), and enjoy a show.

Translated by the author


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