Cose minime/Small things

di Pietro da Morrone

In uno dei dialoghi filosofici, Giordano Bruno dice che "cose minime son semi di cose grande et eccellenti", che "in tutte parti è da mietere, e da dissotterar cose di non mediocre importanza, e forse più là dove meno appare".

Stanotte ho visto il primo corto (circa venti minuti in tutto) di una serie prodotta da "OATS Studios", e diretta da Neill Blomkamp. Fa parte di una serie di corti sperimentali, che quindi dovrebbero puntare sull'innovazione, sulla generazione di nuove idee.
Parla di un futuro in cui l'umanità è stata sopraffatta da una civiltà aliena dalle sembianze di rettili biomeccanici, che schiavizzano gli uomini, li usano come incubatori per i propri piccoli. Gruppi di sopravvissuti formano una resistenza che vive nei sotterranei. Sul finale si lascia intendere che c'è la speranza per l'umanità di risollevarsi e cacciare lo straniero con degli espedienti molto discutibili.

Si tratta di un prodotto, come dicevo, etichettato come sperimentale mentre in realtà si tratta di un frullato di roba già vista. In un'equazione — le equazioni possiedono una forza riassuntiva straordinaria —, si può riassumere egregiamente la composizione chimica del prodotto:

Rakka (2017) = Indipence day (1996) + The Matrix (1999) + Terminator (1984) + Visitors (1984-85)

Si tratta, quindi, dell'ennesima rimasticatura postmoderna senza idee. Perché interessarmene? Perché, a rifletterci bene, si tratta di una "cosa minima", come direbbe Bruno, che permette di leggere qualcosa del mondo che le sta intorno, proprio perché è etichettata come sperimentale ma in realtà non è ed è prodotta da chi promette di generare nuove idee ("grandi ed eccellenti"). Se la leggiamo nel contesto della cinematografia e del mondo dell'intrattenimento statunitense, comprendiamo che si tratta di un universo che vive sempre di più di rimasticature di materiale già esistente, persino dove promette innovazione, ed è proprio questo l'aspetto cruciale. Gli spin-off, i remake, i prequel, come evidenziato dal Prospect, sono passati dal 20% sul totale della produzione nell'anno 2000, all'80% nel 2020, segno di un declino di idee ma non ancora di mezzi. Se allarghiamo un poco gli orizzonti, gli statunitensi sono sempre più preoccupati dal "pericolo giallo" del cinema asiatico (ad esempio le serie coreane, molto più ricche di idee e di contenuti di critica sociale e di originalità). Le "cose minime" potrebbero essere semi di una comprensione più profonda della decadenza in cui, comunque, prima o poi versano e verseranno tutte le civiltà. Le guerre non si combattono solo con i missili.


In one of the philosophical dialogues, Giordano Bruno states, «cose minime son semi di cose grande et eccellenti» (small things are seeds of great and excellent things), and that «in tutte parti è da mietere, e da dissotterar cose di non mediocre importanza, e forse più là dove meno appare» (everywhere there is a harvest to be reaped, and substantial matters to be unearthed, perhaps more so where they appear least).

Last night, I watched the first short film (approximately twenty minutes in total) of a series produced by "OATS Studios" and directed by Neill Blomkamp. It's part of a series of experimental shorts, which are meant to focus on innovation and the generation of new ideas. The short film depicts a future in which humanity has been overcome by an alien civilization resembling biomechanical reptiles. These aliens enslave humans, using them as incubators for their offspring. Groups of survivors form an underground resistance. The ending suggests hope for humanity to rise again and drive out the aliens through rather controversial means.

This production, as mentioned, is labeled as experimental, but in reality, it's a jumbled mess of familiar elements. In an equation - equations possess remarkable summarizing power - the chemical composition of the product can be aptly summarized as follows:

Rakka (2017) = Independence Day (1996) + The Matrix (1999) + Terminator (1984) + The visitors (1984-85)

Consequently, it's yet another postmodern remix without original ideas. So, why take an interest in it? Because, upon closer reflection, it's a "minuscule thing," as Bruno would say, that allows us to glean something about the world around it. Precisely because it's labeled as experimental but isn't, and it's produced by those who promise to generate new ideas ("great and excellent"). When viewed in the context of American cinema and the entertainment world, we realize that this is an industry increasingly reliant on remixing existing material, even when promising innovation, and that's the critical aspect. Spin-offs, remakes, prequels - as evidenced by Prospect - have gone from constituting 20% of total production in the year 2000 to 80% in 2020, signaling a decline in originality but not yet in resources. If we broaden our horizons a bit, Americans are increasingly concerned about the "yellow peril" of Asian cinema (such as Korean series, much richer in ideas, social criticism, and originality). These "minuscule things" might be seeds of a deeper understanding of the decay into which all civilizations, sooner or later, fall. Wars aren't fought with missiles alone.

Translated by the author


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