Su Musk, Twitter e Web3
November 13, 2022•317 words
A parte qualche artista effettivamente notevole, nonché un pugno di esperti produttori digitali che hanno costruito appetibili progetti attorno ad attori come Bill Murray e affini, il mondo degli NFT è oggi fenomenologicamente popolato sostanzialmente da due generi di utenti: ex conigliette di Playboy che tra una chat a pagamento e una sponsorizzazione di cosmetici coniano qualche loro posa glamour e tentano di venderla a un centinaio di dollari, oppure oceani di sedicenti artisti digitali che, non avendo la carrozzeria delle sopraccitate, tentano di fare lo stesso con discutibili pezzi prodotti tramite intelligenza artificiale a gratis.
Tra questi due estremi c'è evidentemente una gamma infinita di sfumature, ma la sostanza resta questa: spogliarelliste e sfigati. (Arrivo a supporre che le prime intendano rivolgere la loro offerta ai secondi.)
Intendiamoci. Non ho nulla contro le conigliette da centerfold di rivista per soli uomini. Mi capita pure spesso di chattare (non a pagamento) con la neozelandese Jaylene Cook, ragazza simpatica e intelligente quanto basta, che secondo me ha tutto il diritto di monetizzare il suo corpo vellutato. Ma credo che ci sia ben altro da esplorare.
Troppe cose da vendere, troppo poche da dire! La sintesi di questo nostro presente potrebbe essere questa. Lo sviluppo tecnologico viene sempre banalizzato da un'utenza forse troppo generalizzata.
Basti pensare alla recente acquisizione di Twitter da parte di Elon Musk. A fronte di un passivo ormai dilagante, il suo primo passo è stato puntare sugli abbonamenti alla bellezza di otto dollari mensili, con l'evidente intento di scremare anche solo numericamente l'utenza oltre che di fare cassa.
Per quanto mi riguarda, io penso che ormai da troppo tempo il cosiddetto Web2 sia teatro di un eccesso di informazione che finisce per essere a somma zero. Il Web3, che non ha a che vedere né con Twitter né con Musk, nasce sulle macerie di questo caos, e tende a trovare le sue strade per tentativi.