Lettera Aperta al Partito Democratico su Campo Largo e Dintorni

La questione del cosiddetto campo largo, che in questi giorni sta infiammando animi e pagine giornalistiche come uno dei più tremendi tormentoni politici mai registrati alla voce "alternativa", ha ormai assunto tonalità e posture così vicine alla farsa -- nonché alla presa in giro direttamente rivolta ai cittadini -- da rendere necessario un definitivo chiarimento. Non mi riferisco a chiarimenti prospettici o futuri, che dal basso del mio essere nessuno di certo non avrei alcuna possibilità, né voglia, né titolo per anticipare. Mi riferisco invece a posizioni filosofiche e operative già abbondantemente espresse, sia indirettamente -- incluse a monte nei nostri valori di base, fondanti e costitutivi di ogni nostra affermazione -- che direttamente e deliberatamente, da decine e decine di interventi pubblici del nostro presidente Giuseppe Conte.

In questo ormai assordante tormentone il Movimento 5 Stelle è certamente il primo soggetto politico ad essere stato continuamente tirato in ballo, con argomentazioni superficiali, artefatte, per non dire totalmente false, tendenti così pericolosamente alla gratuita insinuazione da sconfinare spesso in un vero e proprio delirio.

Da comune attivista del Movimento, prendendomi ovviamente tutta la responsabilità del caso, sia pure, come detto poco fa, nei termini di quella ennesima ripetizione di concetti già espressi altrove, mi sento quindi di descrivere in prima persona i termini del sopraccitato chiarimento, essendo che la questione è stata sempre trattata dal nostro presidente Giuseppe Conte, nonché dalla vasta nomenclatura di responsabili territoriali, referenti e parlamentari che supportano il suo incessante lavoro, con la massima trasparenza e -- appunto -- totale assenza di equivoci.

Su tutto, una grande e necessaria distinzione...

Se per campo largo intendiamo una puntuale e specifica convergenza su candidature credibili e prestigiose, programmi comuni elaborati con l'apporto di un civismo diffuso e partecipato, strategie da condividere lealmente sia nel merito che nel metodo per portare a casa riforme, miglioramenti, conquiste e obiettivi ritenuti preziosi per i cittadini, allora il Movimento 5 Stelle darà oggi e sempre il suo pieno e impegnato contributo, esattamente come accaduto nelle regionali in Sardegna, così come in decine e decine di altri progetti -- noti e meno noti a livello nazionale -- che si sono prodotti in altrettanti territori da Nord a Sud grazie a uomini e donne al servizio del bene comune, indipendentemente dal partito di origine.

Ma se il sopraccitato campo largo diventa il teatro caotico e informe di un'alchimia contro natura, gestita come un confine tracciato a tavolino su una mappa nello stile della prassi imperialista, ovvero risulta inteso come sommatoria puramente numerica di apporti elettorali da accorpare sulla base di un fidanzamento pilotato, o peggio di un matrimonio di convenienza che potrebbe risolversi solo come pernicioso salto nel buio, allora il Movimento 5 Stelle non ci sta.

Non ci sta, né ci starà, per le motivazioni che qualunque soggetto politico ragionevole e onesto dovrebbe capire al volo, senza bisogno delle già troppe perifrasi che ho fino ad ora speso in questa mia esternazione.

Non ci sta, perché valori come credibilità e onestà sono scritti a caratteri cubitali nel nostro statuto e nei nostri documenti programmatici, e quindi non possiamo scegliere i nostri compagni di viaggio sulla base di convenienze spicciole e sommarie, che se riposte malamente si andrebbero a tradurre in un'immediata mancanza di rispetto sia verso i nostri attivisti e simpatizzanti, sia, ancora più gravemente, verso tutti i nostri potenziali elettori, dal primo all'ultimo cittadino.

Per tutte le ragioni descritte, ovvero nel caso di questa seconda, inutile e nefasta accezione di campo largo, la nostra risposta è netta e senza appello, e rispediamo l'incauto e sgradito invito al mittente.

Piuttosto, sono invece io, sempre a mia personale responsabilità, a riformulare un secondo e ben diverso invito, indirizzandolo proprio a quel Partito Democratico che oggi si arroga il diritto di disegnare a suo gusto ciò che ritiene essere il simulacro rappresentativo della vera democrazia.

L'invito è semplicemente una sollecito a decidere, una volta per tutte, magari anche con un linguaggio chiaro e privo di quel nebuloso mentalismo al quale la recente segreteria ci ha abituati, da che parte stare sulla scacchiera della storia, del diritto internazionale, della civiltà e delle scelte politiche.

Da che parte starà il Partito Democratico?

Dalla parte di una sinistra vera, schierata a livello europeo in una formazione parlamentare chiara, netta, allineata su impostazioni ideologiche progressiste e multilaterali? Oppure dalla parte di un lobbysmo sotterraneo e minaccioso, che spaccia il vergognoso mercimonio e traffico di armi per fantomatico strumento di pace?

Starà dalla parte degli artefici e dei finanziatori di genocidi inenarrabili, e rigorosamente taciuti dall'informazione mainstream, che muovono i loro burattini a distanza, senza sporcarsi le mani e senza neppure scontare gli effetti dei venti di guerra che oggi respiriamo a nostre spese? Oppure starà dalla parte di chi difende popoli oppressi da decenni, che invocano solo la legalità del diritto internazionale, puntualmente negato?

Starà dalla parte di chi porta il suo popolo al suicidio, andando baldanzosamente ad autografare bombe accolto a braccia aperte dall'establishment USA, non importa se democratico o repubblicano? Oppure starà con la politica di chi intende recuperare un ruolo autorevole della diplomazia del Continente, per conciliare superpotenze la cui collisione rischia di compromettere l'intero pianeta?

Starà dalla parte degli insegnanti, della ricerca, dell'università, della scienza, della sanità pubblica, del lavoro sicuro e onesto, dell'impresa tecnologica che persegue la reale innovazione senza inquinare? Oppure continuerà ad appoggiare e farsi appoggiare dai grandi nomi dei cantieri e del cemento, dalla speculazione edilizia che fa affari su case vuote, delle cosiddette "grandi opere" che di "grande" hanno avuto e continuano ad avere solo i costi, il malaffare circostante e la devastazione ambientale?

Starà -- venendo ai nomi -- dalla parte di chi ha sognato di riprodurre il berlusconismo nel centrosinistra, offendendo il buon nome della politica seria a colpi di ricatti parlamentari, e che ha dissanguato il consenso di un partito che sulla carta avrebbe dovuto difendere i lavoratori nel nome di un certo Enrico Berlinguer? Oppure tornerà ad essere un soggetto politico in grado di esprimere le reali esigenze di chi abita nelle periferie, e non solo nei ricchi centri storici?

Più direttamente e senza tanti inutili peli sulla lingua, starà con il recente 2% di Matteo Renzi, le sue fondazioni e i suoi oscuri finanziatori mediorientali, oppure starà -- rimanendo puramente sui numeri e facendo un conseguente esempio -- col 2% di Michele Santoro, pacifista convinto che ha speso la vita a inseguire la verità, venendo per questo cacciato da una RAI dove a comandare era già quello che oggi lo stesso Renzi vorrebbe imitare e inseguire? Quale 2% vale di più? Quello renziano, che perde e cambia immediatamente casacca, rimangiandosi tutti gli strali contro Conte e tendendo mani dalla dubbia sincerità? Oppure quello santoriano, che cade e si rialza, riaffermando valori scomodi, ma profondi, e battaglie di civiltà?

Non ne faccio una questione di alleanze, ma di credibilità. Un accordo può definirsi o non definirsi, per mille ragioni. Ma un accordo, a monte, deve basarsi su fiducia e appunto credibilità. Cose che chiunque abbia un minimo di conoscenza della storia recente non potrebbe mai attribuire a Renzi.

La lista potrebbe come ovvio continuare, ma la sostanza è evidente. Il Movimento 5 Stelle ha già dimostrato nei fatti la sua onestà e schiettezza. Lo ha fatto quando ha avuto ragione, ma anche quando ha avuto torto. Lo ha fatto nei momenti di successo, così come in quelli di flessione e di crisi. Lo ha fatto andando avanti, confrontandosi duramente con sé stesso per rilanciare sempre la sua volontà di migliorare questo paese, uscendo definitivamente dal baratro della Seconda Repubblica e delle sue dinamiche nefaste.

Faccia lo stesso anche il Partito Democratico, cercando di evitare la somministrazione di esami che dovrebbe più proficuamente rivolgere a sé stesso, per separare una volta per tutte il grano dalla crusca, la passione dall'affarismo, il servizio dal mestiere, la politica vera dal banale esercizio del potere.

Filippo Albertin

27 settembre 2024


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