La Sintesi Prospettica del Post-Populismo Italiano

Giunti quasi ai due anni di legislazione meloniana credo sia opportuno, riassumendo per sommi capi quanto già affermato, definire una sintesi prospettica, ovvero non solo un quadro interpretativo del presente politico, ma anche una potenziale mappa d'azione che possa almeno definire dei percorsi di consapevolezza, in un momento che al contrario potrebbe sembrare molto nebuloso e confuso.

A mio avviso, forse addirittura paradossalmente, lo scenario è invece estremamente semplice, in quanto basato su due concetti "macro" che sono i seguenti: da un lato la presenza di un cosiddetto centrodestra totalmente stravolto e percorso da crisi e contraddizioni interne potenzialmente esplosive, ma solo blandamente innescabili da fattori esterni; dall'altro lato la sostanziale assenza, almeno a livello percettivo, di una credibile alternativa a questo assetto di forze politiche riunite appunto in una maggioranza di governo.

Riassumendo: (1) c'è un governo che potrebbe crollare da un momento all'altro, ma che non si imbatte in alcuna fattispecie in grado di farlo crollare; (2) c'è un'opposizione che d'altra parte non ha ancora espresso, a parte la buona performance di crescita di alcuni soggetti politici, alcuna credibile alternativa di governo.

Entrambe queste dinamiche sono indirettamente prodotte da un fenomeno che ormai sta giocando le sue ultime carte: parlo del "populismo", istanza pienamente riconoscibile che viene da lontano, almeno da quel 2013 che segnò la celebre entrata del M5S in Parlamento come prima forza politica in Italia, ma che oggi sembra giocare le sue potenzialità nell'ultimo partito designato a rappresentarla: quello di Giorgia Meloni.

Il quadro l'ho già delineato dicendo che, in sostanza, la pandemia è stata il "fattore di percepito tradimento" che ha dimezzato i voti del M5S e ridotto a un quarto (rispetto alle europee del 2019, confermate nel 2024) quelle della Lega di Salvini. Chi era disponibile all'epoca come "partito vergine" (anche dalla parentesi di Mario Draghi) per raccogliere i perduti voti del populismo inferocito? Logicamente Fratelli d'Italia.

Ma cosa potrebbe accadere se, banalmente, il partito di Meloni facesse la fine di quello di Salvini, attraverso l'eventuale azione indiretta di un catalizzatore come quello, pazzesco, della grande pandemia?

La risposta è di una semplicità disarmante: l'intero centrodestra ne uscirebbe totalmente disintegrato.

Ebbene, questa cosa gli alleati di governo la sanno benissimo. Sanno, cioè, che finché tutto va bene i loro rospi possono essere ingoiati nel nome di una poltrona che più di tanto non sembra vacillare. Ecco dunque Forza Italia che glissa sui suoi malumori in materia di autonomia differenziata, misura che evidentemente viene digerita da Fratelli d'Italia attraverso sofismi funambolici controbilanciati dalla concessione del premierato. Ma ecco anche la stessa Forza Italia, vero anello debole della catena (visto che Salvini risulta ormai talmente a traino meloniano da non poter neppure immaginare una qualche facoltà di autonomo movimento, a proposito di autonomia), che inizia a rivendicare a giorni alterni la sua vocazione per i diritti civili, per la moderazione, per il dialogo con i paesi extra-NATO, facendo chiaramente pensare a un suo piano d'azione nel caso la nave coli definitivamente a picco.

Il quadro è quindi molto eloquente: se il centrodestra nasceva come entità formata da un centro "popolare" del tutto post-democristiano, affiancato da due poli minoritari di destra rappresentativi del Nord (Lega vecchio stile) e del Sud (il fu partito di Alleanza Nazionale, di certo lontano anni luce dalla becera reinterpretazione di Giorgia Meloni), ora la sua configurazione è così deformata da risultare sensata solo per effetto di un trucco che non potrà essere sostenuto ad libitum.

Se il populismo cresce, e se FdI continua ad essere valido suo interprete, il collante del potere non basterà a evitare una crisi di governo che a fronte di una potenziale scomparsa dei "vassalli" alla corte meloniana cercherà di smuovere le acque con una chiamata chiarificatrice al voto. Se al contrario l'ondata populista passerà di moda, o verrà sollecitata da fatti esterni che la presidenza del consiglio non sarà in grado di gestire, parimenti, indipendentemente dalla scadenza o meno del mandato meloniano, avverrà una flessione del partito egemone tale da costringere le altre forze a cambiare posizione.

La lettura dei fatti mi porta ad essere molto scettico su una continuità del centrodestra composto come tradizione della Seconda Repubblica vuole. Si tratta solo di capire tre cose, ammesso e non concesso che si possa capirle prima del tempo: come avverrà (cioè se per un moto interno o per una "seconda catastrofe tipo pandemia"), quando avverrà e come andranno a reagire le forze di opposizione.

Gli scenari possibili sono troppo complessi, e troppo influenzati da variabili imprevedibili, per essere determinati con certezza.

Personalmente ritengo che Forza Italia, in relazione alla performance di Fratelli d'Italia, ma anche alla sua, dovrà a un certo punto decidere se tentare la ricostruzione di una decente egemonia in un centrodestra molto più al centro che a destra, oppure se prendere atto della fine del centrodestra stesso, nell'ottica di una rinascita altrove, magari cucendo forze come Italia Viva, Azione, Noi Moderati, Più Europa e altri satelliti del liberalismo (ovviamente confuso e congiunturale) da Quarta Repubblica.

Resto però del parere che non sarà una congiura di palazzo ad avere le carte in regola per colpire il melonismo. Anzi, una congiura del genere andrebbe solo a rafforzarlo, visti i piagnistei che ne deriverebbero. Torno quindi all'idea secondo la quale solo un evento di proporzione e morfologia catastrofica, tipo pandemia, potrebbe mettere in cattiva luce FdI agli occhi del medio elettore populista, ma non vedo all'orizzonte nulla del genere, se non, forse, un nuovo obbligo di lockdown e mascherine, ossia una ripetizione della medesima fattispecie.

Una cosa resta certa. I partiti di opposizione, e in primis il Movimento 5 Stelle, devono prepararsi e costruire una proposta credibile di alternativa. Ricordando un fatto fondamentale: la Seconda Repubblica è stata il regno del malaffare non già per l'abilità del criminale, ma per l'inerzia della guardia.


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