Fenomenologia e Censura
November 19, 2022•733 words
L'opinione più diffusa circa la funzione e importanza di un "garante" che, evidentemente dall'alto di un suo potere, possa vigilare su una qualsivoglia dinamica collettiva, è sempre la stessa: esistono soggetti deboli che, da soli, in specifiche circostanze, non possono difendersi dalla controparte più forte.
Ora, senza tanti giri di parole, da subito pongo il mio fermo disaccordo con tale narrazione, in quanto la ritengo quasi sempre o manifestazione di una palese malafede, o al più espressione di un puro auspicio, magari anche encomiabile, ma di grana astratta, ingenua e avulsa dalla fenomenologia spicciola dell'esperienza di chiunque abbia un minimo di vita alle spalle.
Posto che ormai anche i sassi sanno quanto la giustizia e i cosiddetti diritti siano ormai merci vere e proprie, destinate a chi se le può permettere, vale un altro interrogativo, che io ritengo ancora più totalizzante: Con che oggettiva attendibilità viene consegnato a TIzio il potere di zittire Caio, permettendo a Sempronio di parlare?
Non starò qui a elencare il curriculum degli ultimi ministri dell'istruzione in Italia, visto che giocherei troppo facile, finendo per parlare di perfetti incompetenti che di fatto gestivano le sorti di gente con due o tre lauree. Similmente, non parlerò di nostri presidenti del consiglio che andavano in giro per il mondo a dimostrare quanto male conoscevano la lingua inglese.
Venendo da una scuola di pensiero che intende il discorso come argomentazione lucida e scientifica, che come tale contiene in sé stessa la sua integrata giustificazione, come posso anche solo per un attimo tollerare la presenza attiva di un terzo incomodo, per giunta quasi sempre privo di qualifica, che mi dica quello che devo o non devo dire?
Qui non si tratta di difendere il più debole. La difesa del debole è un alibi bello e buono, visto che dei deboli, a chi gestisce il potere, frega molto poco. Al contrario, il debole che viene costantemente difeso "alla maniera dell'inquisitore di turno", sulla base di logiche peraltro tutte da vagliare, paradossalmente diventa ancora più debole, in quanto perde la facoltà di apprendere la strumentazione minima per una sua autonoma difesa.
In un mondo comunicativo veramente libero, che succederebbe se qualcuno pronunciasse pubblicamente qualcosa di oggettivamente sconveniente, fastidioso, antisociale, turpe, osceno, immondo o palesemente idiota? Semplice: quel qualcuno, col tempo, non verrebbe più ascoltato, almeno dagli offesi di turno che andremmo ragionevolmente a supporre numerosi. Punto, fine, stop. Una dinamica del tutto banale che qualsiasi persona può notare nel mondo reale fatto di relazioni reali.
La mia tesi è quindi speculare. Quando il giudizio viene affidato a una parte terza e moderatrice, questa regolazione automatica appena descritta verrà artificialmente falsata, disinnescata a favore di una dittatura monodirezionale diretta da chissà chi, da dietro le quinte.
Ecco perché io ritengo che qualsiasi espressione intellettuale debba essere veicolata da mezzi il più possibile avulsi da censure, per non dire addirittura privi di regole espresse in termini contenutistici.
A proposito di regole, mi si potrà dire che in qualsiasi "luogo" l'assenza delle stesse sia sinonimo oggettivo di caos e assenza di senso. Qui il problema si fa sottile, in quanto sussiste una differenza sostanziale da evidenziare.
Tutti noi siamo cittadini all'interno, che so, di un territorio comunale, dove tutti noi usufruiamo di un unico spazio da dividere, ovvero obbligatoriamente condividere. Nella sua unicità, lo spazio in questione non permette una scelta. Su quelle strade noi tutti siamo costretti a passare, che sia per andare a prendere il pane o recarci a un colloquio di lavoro.
Nel web la situazione non è la stessa, in quanto ciascuno può scegliere se ascoltare, ovvero seguire, la singola voce, oppure rigettarla relegandola nel proprio dimenticatoio personale.
Il caos, quello vero, è invece esattamente la conseguenza del frastuono prodotto dai censori per evitare che il popolo comune possa ascoltare e giudicare da sé.
L'idea di una moderazione che vada più genericamente a tutelare, per così dire, il buon vivere del singolo iscritto, della serie "qui sono al riparo da qualsiasi dissonanza immaginabile rispetto al mio modo di pensare", a me pare una palese copertura di ben altro. Ricadiamo cioè in quella stessa retorica a cui alludevo all'inizio, ossia quella della difesa di una debolezza che alla fine risulterà ancora più indebolita.
Da cui l'assunto...
Nessuna piattaforma basata sul totale arbitrio dell'autore circa la forma e sostanza dei suoi contenuti potrà mai, nel web, essere dannosa per chiunque sia capace di intendere e volere.